Anticamente alcuni rametti di artemisia (nome botanico: Artemisia vulgaris) venivano appesi in casa per allontanare i demoni e gli spiriti cattivi e la superstizione popolare tramanda tuttora l’usanza di metterne alcune foglioline nelle scarpe x alleviare la stanchezza.
Il suo nome Artemisia deriva dalla dea greca della caccia Artemide (Diana per i romani), in quanto si raccontava che fu ella stessa ad averla scoperta per prima. Nel Medioevo quest’erba era molto utilizzata nei rudimentali laboratori erboristici dei monasteri, in virtù della sua efficacia per combattere diverse malattie.
Con questa pianta si curavano allora soprattutto le infermità tipiche delle donne: assumere il suo decotto ad esempio provocava le mestruazioni, mentre applicando le sue foglie fresche tritate, eliminava le cisti dall’utero e persino i tumori. Il suo succo, se bevuto, sembra avesse proprietà diuretiche ed aiutasse ad espellere i calcoli; sorbito assieme al vino, invece, pare giovasse a coloro che soffrivano di itterizia.
Gli antichi testi di medicina naturale medievali raccontano che la sua radice, appesa al collo, renda immuni contro il veleno di rospi e rane nocive d’ogni genere e che, per chi ha assunto una dose eccessiva di oppio, l’artemisia fresca, aggiunta al vino, sia un rimedio infallibile. Chiamata anche volgarmente “assenzio selvatico” o “amarella”, questa pianta appartiene alla famiglia botanica delle composite e si presenta con un fusto erbaceo ramificato di colore bruno rossastro; le foglie sono di un verde acceso sulla pagina superiore ed argenteo invece su quella inferiore.
I fiori, che iniziano ad apparire in estate fino all’inizio dell’autunno, sono di color giallognolo o rossastro e formano dei capolini raccolti in pannocchie.
È tuttora coltivata a scopo terapeutico in quanto è ricca di sostanze amare, olio essenziale ed eucaliptolo: è scientificamente provato che l’artemisia abbia notevoli proprietà digestive, stimolanti, emostatiche, vermifughe, calmanti ed emmenagoghe.
In fitoterapia si utilizzano perlopiù le cime fiorite e le foglie, che si devono raccogliere in estate. Può essere somministrata mediante infuso o tintura alcolica, per contrastare la febbre ed il raffreddore, contro i disturbi epatici e dello stomaco e in caso di mestruazioni dolorose o parassiti intestinali. La tisana di artemisia può essere impiegata anche come medicamento per uso esterno, al fine di disinfettare e cicatrizzare piccole ulcerazioni delle pelle.
Da un punto di vista culinario, può essere adoperata agevolmente come erba aromatica e, considerato il suo intenso carattere aromatico, può essere aggiunta in piccole dosi per insaporire insalate di erbe selvatiche e minestre di verdure miste.
È possibile anche preparare il vino di artemisia, che costituisce un gradevole aperitivo.
Occorre ricordare che è un’erba da usare con cautela e si devono attentamente rispettare i dosaggi, in quanto a dosi elevate è altamente tossica; non deve per nessun motivo essere assunta da donne in gravidanza poiché può addirittura portare alla perdita del feto.