La verbena (nome botanico: Verbena officinalis) è una di quelle erbe che fin dai tempi dell’antica Persia sono state decantate per le loro virtù in magia, in medicina e in cucina; per questi pregi viene nominata spesso negli antichi testi sulle erbe.
Si narra che i sacerdoti persiani, ai quali venivano attribuite particolari doti di sapienza, lodassero oltre misura quest’erba eccezionale: solo strofinandosela addosso, si credeva potesse esaudire qualsiasi desiderio, come raggiungere l’amicizia dei potenti, evitare le febbri e molti altri malanni. Le foglie essiccate servivano per preparare un infuso aromatico (tuttora in uso in molte regioni), ma con ogni probabilità lo scopo era essenzialmente medicinale. Dato però che si supponeva avesse particolare efficacia nei filtri d’amore, c’erano magari delle occasioni in cui ai cuochi sarebbe piaciuto provarlo di persona. In passato era quindi tenuta in gran considerazione, tanto da esser chiamata “erba di tutti i mali”, e le venivano attribuiti poteri magici straordinari; tra l’altro essa veniva raccolta nella notte di San Giovanni per fare auspici d’amore.
Un antico testo medievale afferma che la verbena, se viene applicata tritata, assieme al vino, può curare i morsi velenosi; oltre a ciò, si racconta che ingerendone tre radici e bevendone altrettante foglie sciolte in acqua, si possa scacciare anche la febbre più violenta. Si tratta di una pianta perenne, appartenente alla famiglia delle verbenacee, alta dai 30 ai 60 cm, dal fusto piccolo ed eretto, con foglie incise e separate dal fusto, e fiori di color lilla, i quali compaiono in autunno e sono raccolti in lunghe e delicate spighe.
Essa è molto comune e si rinviene con facilità nei prati incolti, ai bordi delle coltivazioni, lungo le strade e nei boschi; altre specie vengono sovente coltivate nei giardini, con varietà selezionate per i fiori ornamentali.
La verbena è ricca di componenti attivi, quali tannino, verbenalina, mucillagini, saponina, arbutina e vitamine A, B e C. Possiede molteplici proprietà medicinali, sfruttate ancor oggi, e viene consigliata soprattutto come aperitiva, digestiva, stimolante epatica, antireumatica e antidolorifica.
Può essere assunta attraverso infuso o decotto, contro le nevralgie, l’insufficienza epatica, i calcoli renali e per stimolare la secrezione del latte.
Come rimedio esterno viene impiegata mediante cataplasmi di infuso o di sommità fiorite triturate, per contrastare i reumatismi, le sciatiche, i dolori e le nevralgie. Si possono fare inoltre gargarismi e sciacqui con il decotto per le affezioni di bocca e gola. L’infuso di capolini fioriti (nella quantità di circa 5 grammi per scodella d’acqua) è molto efficace inoltre per lavare piaghe e ferite. Per uso cosmetico si consigliano compresse imbevute nell’infuso per decongestionare gli occhi.